lunedì 14 dicembre 2009
…Alla prossima…
sabato 12 dicembre 2009
...e il mio viaggio tra i NUMERI per ora si conclude qua...con un tocco di originalità!
Riflessioni sul corso di Matematiche da un punto di vista superiore
RECENSIONE DI UN LIBRO PER L'APPRENDIMENTO DELLA MATEMATICA
Per quanto riguarda la recensione di un libro di matematica, ho scelto un sussidiario per la classe terza della scuola primaria che mi sono fatta prestare da una mia amica insegnante, libro che da qualche anno non usa più e che aveva riposto nella sua libreria. E' un testo del 2002, ristampato fino al 2006 ma oggi non più in commercio: il titolo è Genius e la casa editrice è il Gruppo Editoriale Raffaello.
Il testo presenta, come tutti i sussidiari dei percorsi tematici modulari, incentrati sulle seguenti materie didattiche: Storia e studi sociali, Geografia, Matematica e Scienze.Lo sfondo bianco della copertina è interrotto da una banda rossa verticale sulla sinistra che presenta gli insegnamenti proposti; al centro c'è la foto di un bambino sorridente, il piccolo genius occhialuto con il dito indice alzato, che ricorda un pò l' "eureka!" di Archimede, quasi a voler incitare gli alunni allo studio in modo da poter anche loro diventare dei piccoli scienziati e rendere proprio lo studio accessibile e alla portata di tutti, qualcosa di più umano e semplice di quello che appare. Il testo è diviso per colore in base alla disciplina scolastica: azzurro per la storia e studi sociali, rosso per la geografia, verde per la matematica e fucsia per le scienze.All'inizio di ogni percorso c'è un indice riepilogativo che presenta l'argomento trattato per moduli, all'interno dei quali vi è la spiegazione per esempi, sempre rivolti alla diretta esperienza dell'alunno, i relativi esercizi in itinere , gli approfondimenti ed, alla fine di ogni modulo, viene proposto una verifica su quanto è stato appreso e una riepilogazione chiamata appunto "percorso appreso".
Come già detto ci sono rappresentazioni vicinissime al mondo del bambino, vengono citati i familiari a lui vicini, genitori, nonni, sorelle e fratelli così come vengono riprodotti i luoghi (il bar dello zio, il parco, la scuola), le situazioni tipiche ( la festa di compleanno, la giornata al circo, a comprare il gelato) e gli oggetti tipici dei nostri piccoli geni: la playstation(???), le figurine e la palla. Inoltre mi sembra che vi sia una sufficiente didattica incentrata sull'interdisciplinarità tramite collegamenti storici (gli antichi sistemi di numerazione, i numeri di ieri e di oggi) e inerenti agli studi sociali (grafici e sondaggi).
•Il percorso di matematica è inizialmente suddiviso in base a 5 moduli che si vogliono trattare, poi c'è il conseguente approfondimento specifico( gli argomenti che si vanno ad affrontare), in questo modo:
Modulo 1: Classificare e rappresentare
Modulo 2: Risolvere i problemi
Modulo 3: Contare
Modulo 4: Misurare
Modulo 5: Conoscere le forme
Graficamente il libro appare bello, vivace e stimolante, colorato con disegni semplici che appartengono al mondo esperienziale del bambino. Gli argomenti sono presentati in modo graduale ma non sempre in modo approfondito ed esauriente, spesso troppo schematici e semplificati. Le spiegazioni, striminzite e poco esaurienti, sono spesso introdotte tramite esempi vicini alla realtà degli alunni ma a volte appaiono poco chiare. Penso infatti che questo libro di testo possa essere un buon supporto per l’insegnante, la base da cui partire per presentare gli argomenti ma integrato dalla spiegazione e dagli esempi dell'insegnante stessa che sono ovviamente più chiari di qualsiasi schematizzazione o semplificazione .Lo stesso discorso vale anche per gli esercizi:restare legati al libro di testo sarebbe riduttivo, è importante far esercitare continuamente i ragazzi con esercitazioni diversificate e problemi relativi all'argomento insegnato. In conclusione posso affermare che il suddetto libro appare più a dimensione di bambini(per grafica, colore, contenuti, disegni e rappresentazioni grafiche) che a misura di insegnante, in quanto la stessa avrebbe continuamente bisogno di ricorrere al suo principale mediatore didattico, la voce ed altri supporti per esercitazioni di verifica, tra cui la lavagna!
La scelta dei libri di testo è un momento fondamentale del ciclo di ogni anno scolastico.Come è noto nella scuola primaria ci sono sussidiari che riguardano tutte le materie oppure un libro di ciascuna di esse. Ho pensato di prendere in esame i sussidiari certamente di più facile uso per i bambini.E' perciò necessario quando ci sono le riunioni degli insegnanti trovare un punto d'incontro tra esigenze diverse perché ogni libro può presentare aspetti positivi per alcune materie, ma negativi per le altre.
Secondo me si dovrebbe trovare un testo molto semplice con esempi concreti riferiti al quotidiano che consentono di legare anche la geometria al mondo dei bambini permettendo loro di comprendere fin dai primi anni di scuola l'incidenza positiva della geometria stessa, della matematica e più in genere della scienza sulla vita di tutti i giorni. La grafia deve pertanto essere molto ben visibile e non deve perciò comportare eccessivi sforzi, i disegni devono essere semplici, ma allegri con lo scopo di rendere più leggero l'impegno sempre abbastanza notevole che geometria e matematica richiedono.
Il testo infatti dev'essere una sufficiente base per affrontare l'insegnamento, ma è l'insegnante che deve arricchire la lezione con la sua preparazione ed integrare eventuali manchevolezze con la propria esperienza e fantasia.
venerdì 11 dicembre 2009
I materiali per apprendere: libri e sussidi
Ho chiesto a Claudia di svolgere 10 esercizi di matematica presi dal libro Calcolare a mente, ed. Erickson, il cui autore è Camillo Bortolato.
•Gli esercizi del testo hanno un approccio di tipo analogico intuitivo seguendo quelle che sono le nuove teorie di sviluppo di Butterworth e Dehaene, secondo cui, a differenza di quanto affermava Piaget, non ricaviamo le nostre competenze strumentali in fatto di numeri dalle esperienze concrete verso i cinque anni, ma le riceviamo in dono fin dalla nascita come una dote naturale.Ogni bambino, quindi nasce con un genio della numerosità che attende di uscire allo scoperto nel momento giusto.Questo genere di esercizi, in linea con questi nuovi indirizzi, offre agli insegnanti uno strumento per favorire lo sviluppodi tali potenzialità, che hanno come priorità di applicazione il calcolo mentale senza l’utilizzo delle cifre.I bambini infatti sono in grado di compiere da subito operazioni con le quantità, senza bisogno di troppe istruzioni, purché queste siano loro presentate in modo conforme alle caratteristiche della mente che ha limiti. Il calcolo mentale e il calcolo di numerosità sono competenze indipendenti dal sistema dei numeri scritti. Anche prima dell’introduzione delle cifre arabiche i bambini apprendevano allo stesso modo dei bambini di oggi. E ancora oggi, prima di incontrare le cifre scritte i bambini sono in grado di compiere calcoli numerici veri e propri, sempre a livello mentale. Questa premessa serve a comprendere come e perché questi dieci esercizi si disinteressano dei numeri scritti rivolgendo attenzione alle immagini interne della mente che lavora in modo intuitivo e silenzioso.
I) Il primo esercizio che sottopongo Claudia è quello delle cento palline dislocate su infiniti assi.
Claudia mi dice subito: “quando le palline sono messe così in disordine comincio a contare prima i cerchi più esterni e poi più interni mano a mano fino a contarle tutte”.
Ecco infatti che la piccola Claudia prende la matita e comincia a cerchiare le palline fino a contarle tutte senza farsene sfuggire neanche una.
II) Nel secondo esercizio chiedo a Claudia di contare delle palline che però sono sistemate in maniera ordinata, e Claudia subito:” .. ma questo è facilissimo, perché le palline sono in ordine”
Infatti la bambina comincia a contare la prima fila di palline, vede che sono dieci, poi conta quante file di palline ci sono e subito mi dice: “ sono cento!!”
III) Nel terzo chiedo a Claudia di contare le palline che sono disposte in ordine ma con uno spazio che facilita la percezione.
Infatti Claudia individua subito che nel riquadro superiore ha 50 palline e pertanto il totale è ancora 100.
IV) Nel quarto esercizio, simile a quello precedente, il puntino tra cinque e cinque crea una simmetria che rende la percezione ancora più immediata.
Claudia infatti si rende subito conto che le palline sono di nuovo cento, suddivise in gruppi di venticinque.
Riflettendo su questi quattro esercizi o schede eseguite da Claudia mi rendo subito conto che la bambina intuisce quasi immediatamente che l’immagine la aiuta molto di più rispetto al freddo calcolo mentale. Infatti nel calcolare e contare per iscritto si utilizzano procedure rigide che ci permettono di scomporre il calcolo mentale in calcoli più semplici ed intuitivi. Con Claudia mi limito molto a parlare, la lascio riflettere in silenzio per favorire la concentrazione e l’intuizione, tuttalpiù intervengo privilegiando le simulazioni alle spiegazioni.
V VI VII) Sulla stregua delle prime quattro schede chiedo ancora a Claudia di eseguire altri esercizi.
L’esercizio di pagina quarantotto Claudia utilizza due metodi, quello di contare 5 per volta e subito dopo di dieci in dieci.
L’esercizio di pagina quarantanove Claudia lo svolge molto rapidamente.
In queste ultime tre schede Claudia è diventata molto veloce ed ha appreso perfettamente lo scopo degli esercizi, cioè quello di utilizzare l’intuito anziché il calcolo mentale a cui è abituata.
La scheda di pag. 72 richiedono una scomposizione intuitiva che la bambina esegue senza troppe difficoltà e anche sbuffando., quasi annoiata.
La stessa cosa vale per le schede di pag. 78 e 98.
La matematica, quindi, è una competenza naturale nei più piccoli, che riescono ad applicarla anche senza una specifica istruzione scolastica. Un bel cambio di prospettiva, per chi, finora, ha sempre distinto fra chi ha il dono dei numeri e chi, invece, delle lettere. Non ci sono più scuse, insomma: e gli autori della ricerca suggeriscono proprio questo, di insistere su aritmetica e calcoli su tutti i bambini fin dalla più tenera età per coltivare questa facoltà nascosta.
…Qualche gioco matematico…
Possono rappresentare una via per rendere più gradevole l'approccio alla matematica? Oppure chi li ama, amerebbe allo stesso modo la sfida che pone il calcolo di una espressione o la risoluzione di una equazione?E, viceversa, come interviene la matematica nell'analizzare i giochi, che quasi sempre presentano almeno due componenti, quella casuale e quella di strategia intelligente, ma spesso interessano più complesse relazioni personali.
Il bello della matematica è che ci si può anche giocare... Forse non tutti saranno d'accordo ma è proprio così!
Vi riporto qui sotto dei giochi di logica e anche di matematica, i quali, molto spesso, si possono incontrare sia nei test per accedere a determinate facoltà universitarie, sia nei quiz dei concorsi pubblici.
A me stessa è capitato, quando ho fatto il test per accedere alla facoltà a cui ora sono iscritta, di risolvere dei quesiti di logica tipo questi.
Buon divertimento!
- Completa la sequenza
Completa la sequenza con altri due numeri1-1-2-3-5-8-.....-..... - L'ordine logico
Secondo quale ordine sono elencati i seguenti numeri?5 - 2 - 9 - 4 - 7 - 3 - 1 - Antica Grecia
Policrate, Re dell'Isola di Samo, chiese a Pitagora quanti alunni avesse. Il maestro gli rispose: la metà studia matematica; un settimo si esercita nella meditazione e nel silenzio, la metà della metà studia natura e, inoltre, ci sono tre allieve donne.Quanti alunni aveva Pitagora ? - Le lettere S, P e T rappresentano altrettanti numeri interi. Sai che l’espressione S x (P – T + P) fornisce come risultato un numero dispari. Quale affermazione è vera?
Sia S che T sono numeri dispari
Sia S che T sono numeri pari
S è pari, T può essere sia pari che dispari
Se S è pari T è dispari, e viceversa
S è dispari, T può essere sia pari che dispari. - Due lati di un triangolo (non degenere) misurano ciascuno 8 centimetri. Il terzo lato misura un numero intero di centimetri. Quanti centimetri può misurare al massimo il perimetro del triangolo?
a) 31 b) 32 c) 24 d) 16 e) 15 - Una scuola ha 640 alunni; lo scorso anno 350 di loro hanno partecipato ad una gara di giochi matematici e 480 ad un concorso letterario. Sapendo che solo 30 non hanno partecipato ad alcun concorso, quanti ragazzi hanno affrontato entrambe le gare?
a) nessuno b) 220 c) 610 d) 130 e) 190
domenica 29 novembre 2009
La parola ad un ragazzo a cui piace la matematica
sabato 28 novembre 2009
IL GRANDE MATEMATICO:Intervista immaginaria a Maria Montessori
È una fredda giornata d'inverno. Il giardino in cui passeggio nell’attesa di incontrare la donna che, con il suo metodo, ha rivoluzionato il sistema didattico scolastico e la pedagogia contemporanea in Italia e nel mondo, è ricco di foglie dai colori più svariati rendendo l’evento ancora più eccitante e carico di magia e intensità. Facendo qualche passo più avanti la vedo…è seduta su una sedia da giardino intenta a osservare un gruppetto di bambini presi dal loro lavoro. Mi vede…con un sorriso mi fa cenno di avvicinarmi. È un’anziana signora vestita un po’ retrò ma nel suo sguardo è vivo il fuoco, la potenza, la forza di quel genio che è stato e sempre sarà Maria Montessori. Sono vicino a lei, l’emozione è tanta e, dopo i primi convenevoli, la nostra chiacchierata ha inizio.
Chiara: “Signora Montessori, mi è stato chiesto di intervistare un grande genio matematico e io non ho potuto che pensare a lei”.
Maria Montessori: “Ma io non sono un matematico e tanto meno un genio”. Sorride.
C: “Ha ragione, ovviamente riguardo al matematico, ma lei è stata una delle prime donne ad avere una formazione di base scientifica e, ancor di più, ha sviluppato un metodo per la comprensione della matematica degno di un matematico e di un vero genio”.
MM: “Lei mi lusinga, ho fatto solo quello che ho ritenuto più naturale”.
C: “Prima di parlare del suo metodo, vorrei soffermarmi sul rapporto con la matematica che aveva da bambina”.
MM: “Da sempre ho manifestato un grande interesse per la matematica e proprio la passione per questa disciplina mi indusse a scegliere la scuola tecnica e il liceo tecnico riuscendo a conseguire una licenza nella sezione fisico-matematica”.
C: “A quei tempi, parliamo dell’ultimo decennio dell’ottocento, è stata facile per una donna entrare e frequentare una scuola del genere?”.
MM: “Con tutta onestà devo ammettere di no. Infatti, dovetti superare le reticenze dei miei genitori, in particolare di mio padre, e di tutta la società che non vedeva di buon occhio una donna studiare materie scientifiche”.
C: “Ha appena citato i suoi genitori e la società del suo tempo; può parlarci un po’ più approfonditamente dell’influenza che hanno avuto su di lei la sua famiglia e il contesto storico?”.
MM: “Sono nata in un particolare periodo storico, nel 1870, le idee del positivismo cominciavano ad affermarsi, il ruolo della donna nella società era relegato a quello di angelo del focolare ma, per mia fortuna, la mia formazione intellettuale avvenne in una famiglia che ebbe in ciò molto rilievo”.
C: “In che senso?”.
MM: “Sono cresciuta in una famiglia che mi educò secondo regole severe sulla disciplina e l’impegno. Mio padre, studioso di matematica, mi trasmise la passione per gli studi scientifici e mia madre, donna di convinzione liberale e cattolica insieme a una grande fede nella scienza moderna, nonostante fosse un po’ preoccupata, non mi ostacolò mai nelle mie scelte. Infatti fui una delle prime donne a frequentare, dopo la licenza elementare, la scuola tecnica superiore presso il Regio Istituto Tecnico Leona e a conseguire la licenza fisico matematica e, in seguito, la laurea in scienze matematiche e naturali nell’Università di Roma nel 1892, specializzandomi poi in psichiatria”.
C: “Il suo cammino è apparso sconcertante: partita dalla formazione scientifica, conseguì la laurea in psichiatria, esercitò la libera docenza nella facoltà di antropologia nel ramo di scienze fisiche e matematiche, partecipò al movimento di liberazione femminile, conseguì una seconda laurea in filosofia. Nonostante tutto ciò, divenne prioritaria in lei l’attenzione alla dimensione educativa . Fu forse questa una scelta di ripiego che le permise di emergere in un settore più congeniale al suo essere donna rispetto alla psichiatria?”.
MM: “Indubbiamente ho incontrato parecchie difficoltà per farmi riconoscere il mio operato scientifico, pedagogico e culturale ma credo che, malgrado le difficoltà, tutte le mie esperienze dovessero portarmi alla formulazione del mio credo pedagogico, alla scoperta del bambino.
La strada che ho percorso mi ha permesso di approfondire la tematica dell’adulto, sia esso donna o uomo, permettendomi di capire che dietro quell’ apparente radice ne esisteva una originale, la vera radice originale che è data dalla nascita e dall’infanzia per cui dietro la donna c’è il bambino…il bambino padre dell’uomo. Sono state proprio le mie basi scientifiche che mi hanno poi permesso di dare riconoscimento e validità scientifica alle mie teorie riguardo la scoperta del bambino”.
C: “Con la casa di San Lorenzo, la prima “casa dei bambini”, dopo anni febbrili di studio, il suo esperimento si materializza e viene consacrato alla storia. Con essa il “metodo Montessori”.
MM: “Sì, il mio metodo si sarebbe delineato da lì a poco. Era il 6 gennaio 1906, quel giorno, con grande emozione e mettendomi una mano sul cuore per animarlo nella sua fede, pensando con grande rispetto a quei bambini, dissi fra me: “Chi siete?”. In quella domanda che mi feci non c’era retorica né nostalgia ma la volontà e il bisogno di capire, nel rispetto e nell’amore, l’infanzia…proprio da questa domanda si è strutturato il mio metodo che nacque soprattutto come strumento d’osservazione o, meglio, divenne la scoperta del bambino, un aiuto affinché la personalità umana potesse acquistare la propria indipendenza”.
C: “Il suo lavoro ha posto al centro dell’educazione il bambino, con il riconoscimento scientifico della sua natura e la proclamazione sociale dei suoi diritti, falsificando quei tanti pregiudizi che abitavano la mente degli adulti e che per secoli avevano precluso la scoperta dell’infanzia”.
M.M. “Per tornare al discorso di prima, proprio il mio cammino che a molti è sembrato sconcertante, in quanto sarebbe parso più lineare se avessi avuto una formazione umanistica, mi ha permesso di arrivare dove sono arrivata. Il mio lavoro è partito da basi scientifiche e solo così poteva delinearsi . Il primo problema che mi si presentò fu quello di falsificare la teoria secondo la quale i bambini fino a tre anni vagano con la loro mente, da cosa in cosa, a causa della loro attenzione labile e vagabonda. Bene, proprio fortuitamente, mi imbattei in una bambina di tre anni che assorta per lungo tempo sopra un incastro solido, ripeteva l’esercizio per ore. Nonostante i miei tentativi, nulla riusciva a distoglierla. Mi sembrò una manifestazione straordinaria. Cominciai a formulare ipotesi che nel bambino esistessero risorse nascoste, energie che si rivelano quando la mente infantile incontra un’esperienza che è capace di attrarre come una calamita. Le mie ricerche confermarono ciò, quindi, una volta rimossi gli ostacoli e creato un ambiente capace di rispondere ai bisogni psichici, il bambino si mostrava attivo e dotato di grandi risorse cognitive apparendo come un inaspettato essere di ragione. Il materiale di sviluppo fu creato proprio per permettere al bambino quest’autorivelazione”.
C: “Un materiale magico, quindi?”.
MM: “Questo è l’errore che per anni molti hanno commesso e, a mio ben vedere, si presenta ancora oggi… la polarizzazione dell’attenzione da parte del bambino avviene attraverso il materiale ma, necessario affinché ciò avvenga, è la preparazione dell’ambiente, gli atteggiamenti dell’insegnante - aiutami a fare da solo - l’ordine, la misura, l’eliminazione del superfluo e, poi, la libertà di scelta da parte del bambino, la sua indipendenza e autonomia”.
C: “All’inizio della nostra intervista abbiamo parlato di lei come genio matematico; la nostra chiacchierata lo sta confermando, conviene con me?”.
MM: “Certamente sono una donna di scienza ma c’è da dire che tutto lo spirito umano, a mio avviso, è matematico: tende verso l’esattezza, la misura , il raffronto. Parlare quindi, nel mio caso, di genio matematico, mi sembra inopportuno...quasi tutti, attraverso un percorso formativo adeguato ai propri tempi e ai propri bisogni individuali, potrebbero sviluppare tali capacità”.
C: “Il suo insegnamento ha portato a risultati incredibili eppure tuttora, nel 2009, la scuola continua a fallire; nella matematica le statistiche parlano chiaro: la preparazione scientifica media degli italiani non è tra i primi posti nelle classifiche europee. Cos’è che non funziona?”.
MM: “Lo scontro è, ieri come oggi, tra la mente non scolarizzata del bambino e quella dell’alunno alle prese della scuola. Mentre il bambino più piccolo è impegnato nella natura del conoscere, il bambino della scuola risulta essere intrappolato nella logica del compromesso delle risposte corrette. Quando va bene, e non sempre succede, egli apprende una serie di conoscenze che poi non riesce ad utilizzare in contesti nuovi o più ampi. La scuola, anche quando sembra funzionare con successo, manca i propri obiettivi più importanti che sono la comprensione adeguata dei contenuti e dei concetti. Nella scuola, gli insegnanti solitamente richiedono o accettano prestazioni meccaniche, ritualistiche o convenzionali proprio quelle che gli studenti offrono quando rispondono nel sistema simbolico desiderato, buttando, fuori dai fatti, i particolari complessi, i concetti o i problemi che sono stati loro insegnati. L’approssimazione, la semi comprensione oltre alla noia intellettuale, proliferano; poca è la competenza come capacità di trasferire in contesti nuovi gli strumenti concettuali che si sono acquisiti. Così, quando gli studenti escono dalla scuola, di fronte a banali problemi di fisica o matematica, nei quali non hanno saputo riconoscere le tematiche studiate a scuola, ricadono in modi di ragionare ingenui, dove dominano le spiegazioni elaborate intuitivamente dalla mente del bambino piccolo, quei copioni iniziali e quegli stereotipi imparati da bambini. Questo accade perchè gli insegnamenti scolastici inefficaci vengono sopraffatti dagli apprendimenti della mente non secolarizzata”.
C: “Quindi, mi faccia capire meglio, sostiene la necessità di anticipare gli apprendimenti prima dell’ingresso a scuola?”.
MM: “Non si tratta di anticipare la scuola, semplicemente la necessità di trovare il modo di offrire al bambino un sapere che possa generare altro sapere e di fornirlo in un linguaggio adatto che significa un linguaggio fatto di esperienze più che di parole. Inoltre è importante tenere a mente che lo sviluppo dell’individuo segue delle tappe, cioè dei centri successivi di sensibilità, che si estinguono per essere sostituiti da altri. Queste tappe, che io chiamo periodi sensitivi, sono momenti di sviluppo in cui l’interesse è prevalentemente rivolto verso qualcosa che è necessario per lo sviluppo della personalità. È evidente, dunque, che la stessa cosa, presentata in momenti diversi, può suscitare reazioni molto diverse e che l’insegnamento della matematica deve rispettare questi momenti strettamente individuali”.
C: “Questa esperienza, dunque, secondo lei, può avvenire soltanto attraverso l’uso di sussidi didattici; ma quali e come devono essere tali materiali?”.
MM: “L’intelligenza dei bambini è strettamente collegata agli oggetti e alle azioni che si compiono su di essi. Tutti i materiali che abbiano la caratteristica di oggetti, che rappresentano concetti matematici, rendono possibili acquisizioni che, presentate in modo astratto, non sarebbero alla portata dei bambini. È necessario predisporre materiali strutturati in successione ordinata che accompagnino il bambino nel suo sviluppo, fornendogli man mano il modo di fare esperienza di tipo matematico. Non essendoci oggetti matematici nell’ambiente come gli alberi, i fiori, gli animali, abbiamo dovuto predisporre materiali sensoriali che, difatti, chiamiamo astrazioni materializzate o materiale matematico basico”.
C: “Prima nella casa dei bambini, poi nella scuola primaria, i bambini lavorano con il materiale di sviluppo specifico per la mente matematica, attraverso il quale il processo di apprendimento viene centrato sulle loro attività. Quali sono le sue caratteristiche principali?”.
MM: “Attrarre l’attenzione, permettere di svolgere attività di tipo matematico utilizzando il movimento e la manipolazione di oggetti concreti, guidare l’attività in una direzione determinata, affrontando una difficoltà alla volta, consentire attraverso operazioni concrete processi di interiorizzazione, organizzazione, astrazione, permettere l’autonomo controllo dell’errore, rispettare i ritmi individuali di apprendimento, stimolare la capacità di cogliere quello che non varia in situazioni percettive favorendo i processi di organizzazione del pensiero e di astrazione. Durante il lavoro, svolto in modo fortemente individualizzato, l’insegnante si limita a mostrare come utilizza il materiale. Tutto il resto viene fatto dai bambini, ognuno impegnando i tempi che gli sono necessari. L’errore viene evidenziato dal materiale stesso, in modo che sia possibile accorgersene e autocorreggersi e che non sia necessario il controllo dell’insegnante. In questo modo i bambini, gradualmente, acquistano fiducia nelle loro capacità e possibilità e procedono nel loro cammino in modo autonomo, ognuno indipendentemente dai tempi degli altri. Questo rende possibile non avere ansie e timori nei confronti della matematica e superare il problema sia dei bambini lenti sia dei bambini troppo veloci, attivare cioè attività di recupero e di valorizzazione delle eccellenze per portare ognuno al raggiungimento del pieno successo formativo”.
C: “Una mente carica di astrazioni materializzate?”.
MM: “Sì, una mente carica di teorie implicite e di capacità di discriminare che ritorneranno fuori sotto forma di esplosioni meravigliose quando il bambino sarà più grande. In questo modo, la conoscenza prodotta non sarà più ingenua e più lontana dalle scoperte scientifiche ma avrà fatto proprie le astrazioni materializzate, le teorie fatte oggetti contenuti nel materiale. Il divario tra conoscenze ingenue ma fortemente incarnate dalla mente infantili e quelle scientifiche più avanzate tenderà, così, a ridursi”.
C: “Siamo nel 2010, la società è molto cambiata, l’avvento di internet è oramai la tecnologia padrona del nostro agire quotidiano. Alla luce di questi cambiamenti, come ritiene che dovrebbe innovarsi la didattica pedagogica per essere realmente efficace?”.
MM: “La risposta è semplice: aggiornandosi adeguatamente. Occorre un grande sforzo di alfabetizzazione che prevede un profondo ridisegno delle strategie di insegnamento che però non può prescindere da considerazioni di tipo umano, ciò a ricordare quello che ripeto da anni: il bambino non è un adulto in miniatura. Rispettando la natura del bambino e preparandovi meglio voi stessi, potrete ridisegnare un percorso didattico adeguato alla società che verrà. Ovviamente la strada sarà dura e potrebbe esserci il rischio di trasformare strumenti in surrogati di promotori di educazione…cosa che accadde un po’ con i miei materiali.
Bisognerà tener presente l’intreccio tra tecnologia e didattica, tecnologia e processi di apprendimento. Tener conto delle tecnologie significa interrogarsi su come utilizzarle”.
C: “Possiamo cogliere nelle sue parole un certo parallelismo tra i suoi materiali e la nuova tecnologia?”.
MM: “In un certo senso possono essere per alcuni versi i figli dei miei materiali. Il computer permette la possibilità di un certo individualismo, di gestione più libera del proprio tempo, può creare un rapporto diretto con le forme di informazione dando quindi la possibilità di accostarsi in modo autonomo alle conoscenze, proprio come con il mio materiale, proprio nel momento in cui la propria anima lo richiede, in maniera autonoma e individuale rispondendo ai personali centri d’interesse. Per arrivare a ciò, però, c’è bisogno di una grande preparazione senza lasciare niente al caso. La mia perplessità è che, in questo periodo storico, si sia persa l’abitudine a organizzare in modo autonomo il proprio tempo. Credo che lo sforzo educativo richiesto alla scuola del futuro sia una sorta di rieducazione a decidere”.
C: “La necessità dell’operativizzazione della conoscenza non deve ovviamente allontanare dall’ approccio astratto-simbolico. Quali soluzioni può consigliarci per trovare il giusto equilibrio nel sistema scolastico italiano?”.
MM: “L’insegnante, ora più che mai, resta il punto chiave di tutto il discorso. E’ importante per tutte le discipline, ma soprattutto per la matematica, che sia insegnata bene e fatta amare. Se, negli anni della formazione intellettuale, il bambino comincia ad avere paura della matematica avrà sempre un atteggiamento conflittuale col mondo della scienza. L’insegnamento della matematica deve avvenire, ieri come oggi, per problemi. L’insegnante deve suscitare l’interesse all’apprendimento anche attraverso la storia. Il Rinascimento non è stato solo la grande pittura, la prospettiva, i viaggi di Colombo, ma è stato anche una prodigiosa matematica da Fibonacci a Scipione del Ferro. Senza di loro non ci sarebbe stata una nuova scienza”.
C: “Vorrei diventare una futura maestra della scuola dell'infanzia. Cosa sente di suggerirmi come consiglio prezioso?”
MM: “Di attenersi sempre alla coniugazione di tre verbi: conoscere, amare, rispettare. La conoscenza è la distanza, è lo sforzo per l’oggettività, è la neutralità affettiva, è lo scetticismo critico che tiene aperta la mente; l’amore è il coinvolgimento, la passione motivante. Rispettare vuol dire aspettare con fiducia. Nel rispetto, la tensione della distanza conoscitiva e il coinvolgimento emotivo trovano una loro misura. Soprattutto rispettare i sentimenti e le ragioni dei bambini, saperli aspettare, permettere loro di esprimersi senza cedere al vizio di interrogarli con insistenza. Il rispetto che si nutre di conoscenza e di amore, perchè si può raggiungere solo ciò che prima si è sentito”.
BIBLIOGRAFIA
- Girelli L., Noi e i numeri, Il Mulino, Bologna, 2006
- Montessori M, La scoperta del bambino, Garzanti, Milano, 1957
- Regni R., Infanzia e società in Maria Montessori, Armando Editore, Roma, 2007 (1997)
- Scuola dell’Infanzia, n.3, anno III, novembre 2002, Giunti Scuola Ed., Firenze
L'intervista al genio della porta accanto.
Ho pensato di intervistare un amico di mio padre, Antonio Gallonelli, un ingegnere di 56 anni.
… E ora via con le domande …
1- Qual è stato il suo percorso di studi fino ad oggi?Tornasse indietro rifarebbe la stessa scelta?
Innanzitutto mi presento, mi chiamo Antonio Gallonelli, sono nato il 17 luglio 1951, quindi ho 56 anni, e vivo a Sarmato, un paesino in provincia di Piacenza, dove esercito la mia professione, quella di ingegnere.
Dopo aver conseguito la maturità classica a Piacenza, mi sono trasferito a Milano, iscrivendomi alla Facoltà di Ingegneria Elettronica presso il Politecnico. Terminati gli studi universitari all’età di 27 anni, sono ritornato nel mio paese nativo, Sarmato, dove ho aperto il mio studio di ingegnere e da più di 26 anni esercito con molta passione questa professione, come se fosse il primo giorno.
Tornassi indietro rifarei volentieri questa scelta, poiché sono rimasto molto contento circa la formazione che mi ha dato sia il Liceo Classico, dal punto di vista umanistico, sia anche l’ università, dal punto di vista scientifico.
2- Mi ha appena detto che Lei ha intrapreso studi classici. Come mai ha deciso di svolgere una professione scientifica, come quella dell’ingegnere, anziché una di tipo umanistico?
Perché noi siamo figli di contadini e quindi volendo migliorare un po’ la cultura della famiglia, o meglio del gruppo allargato, non occorreva avere solo una formazione settoriale, nel mio caso oltre ad una formazione di carattere umanistico, in quanto per completare ho voluto aggiungere anche quella scientifica. Ma ciò, non ti porta a diventare eccellente né in un campo né nell’altro, però a me è servito e io sono sicuro che i miei figli riusciranno a raggiungere l’eccellenza! Ecco spiegato il perché della scelta del Liceo Classico, per poi non proseguire gli studi in medicina o letteratura, ma verso le materie scientifiche, in modo da aumentare la cultura di base. Comunque, se io ora sono qui a svolgere la professione di ingegnere, lo devo anche alle possibilità economiche della mia famiglia, che hanno permesso di mantenermi agli studi, riuscendo a intraprendere la formazione sia classica che scientifica.
3- Secondo la maggior parte dei sondaggi svolti fra gli adolescenti, è emerso che gran parte di loro oggi non ha un buon rapporto con la matematica. A Lei, invece, le è sempre piaciuta sin da piccolo? Se sì, come nasce la sua passione per questa materia?
A me è sempre piaciuta la matematica, ma non solo questa materia, diciamo che la vita è una successione di situazioni problematiche e quindi tra la matematica, la filosofia, la letteratura non c’è differenza, cambiano solo gli strumenti per poter risolvere determinati problemi. La mia passione verso questa materia nasce in maniera naturale, la curiosità porta a crearsi dei problemi, che possono essere anche stupidi, come per esempio, nel caso in cui volessi andare in piazza, ma voglio perdere tempo, allora vado a cercare il percorso più lungo. Questo è un problema matematico che va risolto con la matematica, da qui nasce l’esigenza di conoscere la matematica per poter risolvere i problemi.
4- Lei come professione fa l’ingegnere per cui è sempre a contatto con i numeri. Che rapporto ha con la matematica nel quotidiano?
Ho un buon rapporto con la matematica nel quotidiano, ma c’è da dire che quella che io applico nel mio mestiere è solo una matematica ridotta, elementare rispetto a quella che ho studiato all’università, anche perché i problemi con cui mi ritrovo a “combattere” sono più lineari, in quanto richiedono mezzi più semplici per la risoluzione. Ma alla fine è diventato un automatismo, per cui è un rapporto di consuetudine.
5- Durante la sua carriera scolastica, ha mai incontrato eventuali difficoltà nello studiare questa materia?
Non ho trovato particolari difficoltà nello studiare questa materia, ho solo impiegato un po’ più di tempo per capire alcuni concetti, per poterli interiorizzare e svilupparli, però difficoltà no, me la sono sempre cavata da solo, con più o meno impiego di tempo.
6- Che consigli si sentirebbe di dare a chi intraprende un percorso di studi simile al suo, nell’approcciarsi con questo tipo di materie?
L’unico consiglio che mi sentirei di dare è di trattare questa materia come tutte le altre; in fondo, la mancanza di amore verso la matematica non è da imputare ai ragazzi, bensì agli insegnanti, che, secondo me, sono poco tarati, poiché “figli degli anni ’60-’70”, in cui la matematica veniva vista come una “pecora nera “, ma personalmente non lo è mai stata!
Una persona che capisce un sillogismo logico in filosofia, non può non capire una proprietà simmetrica in matematica, è assurdo, per cui se si va bene in letteratura non si può non andare bene in matematica, nel caso contrario vuol dire che le basi sono state date in maniera sbagliata.
7- A conclusione del suo ciclo di studi e successivamente con lo svolgimento della sua professione, mi saprebbe dire che idea ha maturato della matematica?
La matematica rientra in tutte le attività della persona, non penso che faccia parte della persona stessa, anche se viene usata inconsciamente da tutti, a partire dal conteggio dei soldi quando si fa la spesa, o quando si è in macchina che si calcola il tempo di frenata, perché bisogna rallentare o svoltare. Ogni giorno si è a contatto con la matematica, non ci si rende conto di ciò, perché manca la razionalizzazione di determinate azioni, ma la vita è tutta una matematica già da quando si nasce.