sabato 28 novembre 2009

NASH: "La mia mente salvata dal computer"



John Nash ad un'intervista parla e dice:
"Russel Crowe? Mi assomiglia quando
interpreta la mia malattia"



Nash: «La mia mente salvata dal computer»
Lo studioso celebrato dal film «A beautiful mind»:
«Il calcolo è stata la medicina per sconfiggere le allucinazioni»
I suoi deliri più ricorrenti riguardavano le visioni di messaggi criptati, provenienti anche da extraterrestri, il credere di essere l'imperatore dell'Antartide o il piede sinistro di Dio, l'essere a capo di un governo universale. John F. Nash Jr., 80 anni nel 2008, è considerato anche tra i matematici più brillanti e originali del '900. L'uomo che ha rivoluzionato l'economia con i suoi studi di matematica applicata alla «Teoria dei giochi», vincendo il premio Nobel per l'economia nel 1994. A lui il regista americano Ron Howard ha dedicato «A Beautiful Mind», con Russell Crowe, vincitore di ben quattro Oscar nel 2002. Il film ripercorre la sua personalissima odissea attraverso il tunnel della schizofrenia da cui Nash è miracolosamente guarito dopo circa 30 anni di terapie quali elettrochoc, camicie di forza e iniezioni d'insulina, che lo hanno segnato nel fisico ma non nella mente. Visto che oggi continua ad insegnare a Princeton, una delle università più prestigiose d'America.


  • Che cosa l'ha aiutata a guarire? «La matematica, il calcolo e i computer sono stati la medicina che mi ha riportato ad un'idea più razionale e logica, aiutandomi a rifiutare il pensiero e l'orientamento allucinatori. La matematica è curativa e in America viene usata nella terapia occupazionale al posto dei farmaci. Con ottimi risultati».
  • Genio e malattia mentale sono imparentati? «Le turbe psichiche sono prevalenti soprattutto tra i poeti. Che tendono ad essere depressi».
  • Che cosa pensa del film sulla sua vita diretto da Ron Howard? «Quando vidi il film all'inizio m'irrigidii sulla sedia. Ma man mano che i minuti passavano ne ho apprezzato la componente di intrattenimento. Peccato che l'Oscar non abbia avuto alcun riflesso pecuniario su di noi perché eravamo già stati compensati».
  • Pensa che Russell Crowe si sia calato efficacemente nel suo personaggio? «Non l'ho sentito vicino a me, tranne che nella parte relativa alla malattia mentale. Ma anche lì il film si prende varie licenze poetiche, inventando episodi mai avvenuti, come le visioni o il compagno di stanza immaginario. Tuttavia nel complesso riesce a trasmettere il mio pensiero distorto e la mia malattia mentale».
  • Che cosa dirà al Festival della Matematica di Roma? «Sarò intervistato dal Prof. Odifreddi e quindi non so ancora di cosa parlerò. Ci sarà molta gente interessante che voglio incontrare».
  • È vero che la matematica è imparentata ad arti quali musica, pittura e poesia?«Matematica è una parola greca che all'inizio includeva i concetti di musica e astronomia. Solo nell'accezione contemporanea è diventata una materia a sè. Ma secondo me continua a essere intrinsecamente collegata a innumerevoli altre discipline»
  • A quali di queste discipline si sente più e meno attratto?«L'economia e il business m'interessano ben poco mentre adoro la musica, anche se ho un approccio selettivo. Trovo il rock e il pop sgradevoli e non amo compositori contemporanei quali Luciano Berio, al quale preferisco Vivaldi, Frescobaldi e Donizetti».
  • La matematica ha una gemella tra le arti? «L'architettura, che è matematica applicata. Ma anche la pittura. Penso a Vermeer, Leonardo, Michelangelo che hanno usato proporzioni, prospettiva e tridimensionalità come fossero geometria pura».
  • Cos'è per lei la matematica? «Non è mai stata memoria numerica. Non riesco a memorizzare alcuni numeri telefonici e non mi sforzo neppure per farlo. Conosco persone capaci di memorizzare una sequenza quasi infinita di numeri, però non sono per nulla portati alla matematica».
  • Come insegnerebbe a un bambino l'amore per la matematica? «In maniera empirica. Non è semplice perché devi "mostrare" e "applicare" le tue teorie; non basta enunciarle. Io credo di esserci riuscito con mio figlio che ha intrapreso la mia stessa carriera. Il mio amore per la matematica nacque nella scuola pubblica, dove abbiamo cominciato presto a lavorare con i numeri. Ma è stata la scoperta della geometria, alle elementari, ad aprirmi la mente. Sognavo di diventare un ingegnere come mio padre, poi la mia strada è andata in un'altra direzione».
  • Che cosa pensa della tesi, costata il posto all'ex rettore di Harvard, secondo cui l'inferiorità matematica è nei geni delle donne? «È stato uno sbaglio drammatico e insieme banale, perché tutti sanno cosa si può e non si può dire oggi nell'America del politicamente corretto. L'ironia della sorte è che lui è stato sostituito proprio da una donna»
  • La morale della favola? «Che non puoi sapere chi sarà il prossimo genio matematico della storia. Pensi all'indiano Srinivasa Aiyangar Ramanujan, ex bambino prodigio completamente autodidatta che alla fine dell'800 diventò uno dei più grandi geni matematici partendo da un libriccino. O alla grande Ipazia di Alessandria, che visse in Egitto tra il IV e il V secolo dopo Cristo. Le donne secondo me sono biologicamente più adatte alla matematica».
  • In che senso? «Lo studio e l'applicazione della matematica non richiedono alcuna forza fisica. Un uomo e una donna non possono sfidarsi sul campo da tennis ma possono farlo su uno studio di numeri, dove l'unica forza necessaria è mentale».

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