lunedì 9 novembre 2009

Ratti astuti e numerati


Immagine da www.ncbi.nlm.nih.gov

Anche i ratti hanno un senso del numero, come dimostrarono alcuni esperimenti condotti negli anni cinquanta e sessanta. All’inizio gli esperimenti non erano molto convincenti. Uno, descritto da Keith Devlin, è particolarmente curioso e pur essendo un fallimento sulla verifica delle abilità numeriche dei ratti, dimostra però la loro astuzia. I ratti venivano posti in un corridoio sul quale si aprivano numerose porticine, tutte chiuse tranne una. In una fila di dieci porte, ad esempio, solo la numero 7 si poteva aprire e dietro era nascosta una certa quantità di cibo. I ricercatori volevano vedere se, dopo un certo numero di tentativi, i ratti avrebbero imparato a ignorare le prime sei porte, puntando direttamente alla 7. L’esperimento all’apparenza fu un grande successo. Dopo un certo numero di prove, gli animali si precipitarono a gran velocità fino alla porta 7 e poi l’aprivano per arrivare al cibo. Un’analisi più accurata condotta sulle videoregistrazioni degli esperimenti esaminate al rallentatore, rivelò che i ratti, mentre sfrecciavano lungo il corridoio, assestavano un leggero colpo a ogni porta con la zampetta posteriore, finché non trovavano quella che cedeva. A quel punto si bloccavano dov’erano e si precipitavano sul cibo. “L’insegnamento che i ricercatori trassero dalla prova – commenta Devlin – fu di stare molto attenti nell’interpretare le proprie osservazioni: non sempre le cose sono quelle che sembrano”. Successivi esperimenti, condotti con maggior attenzione da Francis Mechner e da altri studiosi di psicologia animale, hanno dimostrato che i ratti hanno un preciso “senso del numero”. I ratti vennero messi in una gabbia chiusa dove si trovavano due tasti A e B. Per ottenere il premio, una piccola razione di cibo, i ratti dovevano premere il tasto A un certo numero di volte e solo in seguito potevano passare al tasto B e ottenere la ricompensa. Se sbagliavano la sequenza prevista, invece del cibo c’era una penitenza, ricevevano ad esempio una leggera scossa elettrica oppure si spegneva la luce. Dapprima i ratti si resero conto che dovevano premere più volte il tasto A e una sola volta il tasto B. In seguito riuscirono a precisare meglio il “più volte” e dopo un certo addestramento riuscirono a premere il tasto A un numero di volte corrispondente al numero “n” scelto dall’addestratore. Non sempre però il numero “n” era preciso ma approssimato. Se, ad esempio, veniva richiesto di premere il tasto A 4 volte, la loro risposta poteva variare da 3 a 7. L’esperimento venne ulteriormente precisato introducendo un altoparlante che emetteva una sequenza di suoni. In questo modo si arrivò alla conferma della capacità dei ratti di saper riconoscere il numero approssimativo di oggetti, di suoni, di bocconi di cibo o di altre azioni. Questa capacità di generalizzare da modalità di percezione o di azione differenti è un elemento importante – osserva Dehaene – di quello che chiamiamo il “concetto di numero”. Negli animali gli esperimenti di generalizzazione di questo concetto di numero, presentato in modi diversi, sono ancora scarsi.

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