lunedì 9 novembre 2009

Storia dei numeri


Quando apparvero i numeri ed il contare nella storia dell'umanità? Non lo sappiamo esattamente; le origini dell'uso dei numeri nella preistoria, naturalmente, non sono documentate. Le prime tracce del "contare" risalgono a circa 30.000 anni fa e sono costituite da ossa intagliate, con tacche che si pensa indichino un qualche tipo di conteggio (giorni, animali?).


Fig. 1: "The Ishango Bone" (circa 22.000 anni fa)
(Credit: Museum of Natural Sciences, Brussels, Belgium)

Fig. 2: Schema delle tacche

Si potrebbe pensare che l'uso dei numeri sia qualcosa di immediato e "naturale", innato. Che sia un senso della quantità, implicito nella struttura della nostra mente, come la capacità di percepire il caldo e il freddo, o i colori. Cosa sarebbe la nostra vita senza numeri? Si può vivere senza i numeri? La risposta più ovvia e immediata è sicuramente no, eppure si può affermare con sicurezza che le cose non stanno affatto così: sicuramente c'è stato un periodo in cui gli esseri umani non avevano né il concetto di numero, né la capacità di contare.

La migliore prova di ciò è che esistono tuttora popolazioni che non hanno sviluppato il concetto di numero, e nei cui linguaggi le parole per la serie dei numeri non esistono: "uno", "due" e "molti" rappresentano ancora le uniche grandezze utilizzate; si tratta, ad esempio, di tribù isolate in Africa, in Oceania od in Amazzonia.


Non è difficile constatare che esiste in ognuno di noi una percezione diretta del numero, una capacità immediata di distinguere insiemi con una quantità diversa di elementi, che non è legata al contare. Considerate ad esempio gli insiemi della figura a lato.

Potete dire quanti sono gli elementi di ognuno di questi insiemi con una semplice occhiata: la percezione è immediata, non avete bisogno di contare gli elementi degli insiemi.

La cosa è diversa con questi altri insiemi della figura sotto a destra.

In questo caso avete bisogno di contare in qualche modo gli elementi degli insiemi per dire quanti sono (ad esempio lo farete raggruppandoli mentalmente a gruppi di due o tre, oppure contandoli uno ad uno).

Che conclusione si può trarre da tutto ciò? È piuttosto semplice:

Una percezione immediata della quantità esiste, ma non supera il numero quattro!


Un grazioso esempio delle capacità aritmetiche degli animali.
Credit: (G.Ifrah: Storia Universale dei Numeri.
Mondadori, Milano (1984)
)

Questo tipo di percezione non è una vera e propria "struttura culturale", e nemmeno è una prerogativa umana: molti animali la hanno e la usano; il saper distinguere ad "occhio" le quantità di insiemi piccoli, non rende le nostre capacità aritmetiche superiori a quelle di un gatto o di una gallina.

Questa è quindi la situazione, diciamo, "di partenza" nell'evoluzione culturale umana: una capacità di percezione immediata di quantità (fino a quattro) che comunque non ci distingue dagli altri animali, e una capacità "culturale" di padronanza del concetto di numero praticamente nulla, rappresentata dal concetto: più di due = una moltitudine.

Questo significa che il corvo sapeva contare fino a cinque? Al di là di questo racconto e di ogni dubbio, è quanto ha dimostrato sessant’anni fa Otto Koehler, celebre etologo tedesco. Koehler è stato fra i primi studiosi delle abilità matematiche degli animali ad ottenere risultati scientificamente corretti. Protagonista di uno dei suoi esperimenti più famosi era proprio un corvo, di nome Jacob. Al corvo venivano presentate diverse scatole con un coperchio sul quale erano disegnati un certo numero di punti. Il corvo veniva premiato quando apriva la scatola che presentava sul coperchio un numero di punti uguale a quello dei punti disegnati su un cartoncino che gli veniva mostrato. Jacob imparò a scegliere fra le diverse scatole quella che aveva sul coperchio lo stesso numero di punti del cartoncino. Alla fine Jacob sapeva distinguere 2, 3, 4, 5 e 6 punti. Uno in più del “corvo della torre”. Si tenga presente che i punti sul coperchio erano diversi, per forma e disposizione, da quelli disegnati sul cartoncino. Koehler dimostrò così che gli uccelli erano in grado di confrontare due numerosità e di ricordare il numero di oggetti presentati in tempi successivi.

“Il nostro cervello – sostiene Stanislas Dehaene, un matematico specializzato in psicologia cognitiva che si è dedicato allo studio della rappresentazione dei numeri e della matematica – esattamente come quello del corvo, è dotato da tempo immemorabile di una rappresentazione intuitiva delle quantità”. Gli animali sanno dunque contare, anche se non contano esattamente come noi, ma in un modo più approssimativo, più “vago”.

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